sabato 28 febbraio 2009

Televisione. Questa sconosciuta amica del cuore

Marco Carta ha vinto Sanremo.
Sì, lo so cosa state pensando. E' passata una settimana, pensavamo di essercene liberati, non è possibile che se ne parli anche qui, non pensavo che Mariolina fosse così trash. Sono d'accordo con voi.
Torniamo a noi.
Maria De Filippi, ieri sera a Matrix, ha detto che Marco ha vinto perchè il pubblico ha premiato il suo lato impulsivo.
Ho ragionato un po' su questo.
Perchè?
Perchè premiare uno che, se dovesse stare su un palco con i musicisti, esattamente come la sottoscritta capra, non distinguerebbe neanche con l'aiuto da casa una chitarra da una batteria? Perchè premiare uno che (scommetto la testa) pensa che le scale siano l'alternativa all'ascensore?
E' impulsivo. Che poi i cd facciano schifo, è secondario. E non diciamo de gustibus. Fa schifo e basta.
Impulsività. Questa sconosciuta.
La televisione ci offre spunti notevoli. E l'audience ringrazia.
Ora. Non facciamo i bigotti al cazzo, perchè pure qui c'è il rutto libero ed ogni tanto, anch'io regalo qualche fiore. Ma se permettete, non lo faccio in certi casi. Quelli in cui non solo il buon senso, ma anche il pudore mi impone di mantenere un certo savoir faire.
Ma si sa, io non sono impulsiva. E non vincerò mai Sanremo.
C'è un altro aspetto del reality, sempre di stampo Defilippiano, che emerge oggi.
L'incapacità.
Ad Amici più si è incapaci, più possibilità ci sono che si arrivi alla finale. Nove volte su dieci, quelli che sanno cantare e ballare con criterio, vengono fatti fuori. Perchè non fanno casino. Perchè il loro nome non è sempre sulla bocca di tutti. Perchè non polemizzano. Perchè passano il proprio tempo su note e coreografie e si preparano a dovere per la puntata settimanale. Questo comporta un risultato meschino: sono poco visibili e quindi bassi in classifica. Sempre per la logica che è l'impulsività che vince, non la capacità. Se sono a braccetto, tanto di guadagnato. Se sono separate, sacrifichiamo il più bravo, perchè un'altra strada ce l'ha sicuro. Ma adesso diamo da mangiare al bimbo povero Piersilvio.
Altro aspetto del reality è che uno solo ha ragione. Chi alza la voce o chi dice l'ultima parola al microfono. Non ha ragione quello che critica o loda con criterio. Ha ragione chi ha l'ultima parola. Naturalmente la ricetta giusta vuole un pubblico che applaude e urla. Nel reality, nella fattispecie Amici, non ci sono ragioni differenti, motivazioni individuali o semplicemente "il mondo è bello perchè è vario". No. Si va avanti ad oltranza, cambiando le carte in tavola, gettandola sui casi umani, sul gusto personale che deve essere universale, anche parlando da soli se serve, ma mai dando ragione all'altro. Si può dire la stessa cosa, ma l'altro non ha ragione. Ha ragione il primo in classifica. Che balla/canta da cani, ma è primo in classifica. Gli ultimi saranno i primi in una vita in cui non ci sarà il televoto.
Conclusioni?
Nessuno guarda la tv. Mi spiegate allora, come cazzo è che nella vita reale la gente ha assunto quei modelli comportamentali e sembra di stare in un reality?
Per rispondere potete votare inviando un sms...

venerdì 20 febbraio 2009

Lettera aperta a Ghiandola

Caro Peppe, caro Tommy, care Ghiandole tutte,

ci eravamo francamente ripromessi di non intervenire, seppur sollecitati direttamente e indirettamente, sul post in questione. I motivi erano molti e rimarrebbero molti anche ora. Però, visto che ci chiamate in prima persona, vi diciamo perché non condividiamo l’iniziativa, il post e il pensiero che lega il post al tutto.
Ci hanno insegnato, non credo sbagliando, che la Carità è una delle virtù cristiane. Come diceva San Paolo, anzi, la Carità è la virtù per eccellenza (I Corinzi 13, 1-13). C’è un passaggio della lettera di Paolo ai Corinzi che cerchiamo di tenere sempre a mente. Ve lo scriviamo, perché vorremmo che capiste fino in fondo: La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell`ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Ci chiederete: cosa c’entra tutto questo? Proviamo a spiegarvelo.
Non crediamo che prendere a pretesto la situazione disagiata (fortemente disagiata) di un singolo uomo per farne una battaglia etica, morale o politica sia il modo migliore per aiutare quell’uomo. Altro sarebbe stato se avessimo ricevuto la proposta di una raccolta privata di denaro, fatta in privato e non sbandierata via blog. Ecco, la Carità “non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto”. La carità opera intelligentemente, e di ciò che materialmente fa la mano destra, la sinistra non sa nulla. Altrimenti si chiamerebbe “elemosina” (come è per l’Islam, ad esempio, dove è uno dei pilastri della fede, direttamente sancito dal Corano). Ci sembra invece che chiedere fortemente via blog di condividere un’iniziativa non discussa, non valutata, non meditata, sia una imposizione violenta quasi a dire: vediamo chi c’è.
E qui veniamo al secondo punto. Quando si vuole davvero aiutare qualcuno, lo si fa con diligenza, con “pazienza”, perché la Carità è paziente. Lo si fa con perseveranza, altra virtù di cui siamo stati discepoli e che teniamo a mente di continuo. Lo si fa, ribadiamo e soprattutto, in silenzio. Non ci piacciono le cose urlate, soprattutto quelle che vanno a toccare e intaccare la sensibilità degli animi.
Continuiamo: la Carità non si adira. Cosa significa, spiegatecelo: “qui stiamo per ripartire come associazione, ma stavolta con un attacco diretto al comune che FRANCAMENTE ci ha rotto i coglioni? Vi ha rotto i coglioni per cosa? Per la situazione edilizia? Quella delle cooperative e dei favori? Beh, non vediamo cosa c’entri questo (che pure è un tema forte e che tocca, questo sì, centinaia di famiglie) con la situazione di Ruggiero e dei servizi sociali. Ci domandiamo: quanti di voi conoscono realmente la situazione dei servizi sociali barlettani? Forse davvero in pochi. Ecco, noi più che prendercela con i servizi sociali barlettani, ce la prenderemmo per una mancata responsabilizzazione su questo tema che deriva anche da noi. Dal fatto che non siamo capaci di comprendere a pieno quale universo si celi dietro le parole “servizi sociali”. Quanto, per esempio, da questo punto di vista faccia la chiesa cattolica (e tutti coloro che in silenzio ne sostengono anche privatamente le iniziative), o i singoli privati cittadini. Dice: ma il Comune dovrebbe farsi carico di certe cose. Certo, ma ricordiamo a tutti voi che le amministrazioni locali hanno i loro problemi, la loro burocrazia, i tempi tecnici spesso lunghi per risolvere certe situazioni e, soprattutto, sono regolamentate dalla legge, dal diritto amministrativo in particolare. Il quale diritto da la possibilità di risolvere determinati problemi, ma purtroppo pone dei forti limiti all’azione “ad personam” da parte di una amministrazione locale. Può bastare questo a farci stare tranquilli? Certo che no, ci mancherebbe. Ma aggiungiamo inoltre che protestare pubblicamente tanto per mettersi la coscienza a posto è un modo per far sentire la nostra voce che non ci appartiene. Ci apparteneva fino a qualche anno fa, quando eravamo più giovani. E qui citiamo ancora San Paolo: Quand`ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l`ho abbandonato. Ora riteniamo dunque di avere il dovere di pensare diversamente.
C’è un’altra cosa. Non capiamo, Peppe, cosa c’entri l’analisi generale con la situazione particolare. Capiamoci: siamo d’accordo su molte cose (a partire dalla felicità per le dimissioni di Veltroni), ma non capiamo, francamente, quale sia il motore della questione. Indignazione? Non basta se non è seguita dalla riflessione e dalla perseveranza che comincia soprattutto dal mettere fortemente in discussione se stessi. E questo credo manchi. Tu ti scagli contro il Comune, quasi che questa fosse la ragione sociale di una associazione nella quale, se queste sono le premesse, non ci riconosciamo. Noi proveremmo invece a capire cosa realmente si può fare, con continuità, per aiutare il comune, e non per porsi da barricadieri contro una amministrazione che, per quanto contestabile, ci rappresenta. Abbiamo timore che invece il motivo possa essere altro. Ma non vogliiamo credere che onestamente non ce la staremmo a raccontare, altrimenti.
Ecco Peppe, Tommy e tutti: scusateci, ma noi abbiamo una visione altra del nostro stare nel mondo. Lo facciamo, o cerchiamo di farlo, in silenzio, perseverando nelle cose in cui crediamo, cercando di lavorare al meglio e di fare onestamente, ideologicamente e professionalmente, il nostro mestiere, confrontando i nostri limiti con noi stessi, prima di tutto, e poi con gli altri. Vi chiederemmo, visto che sicuramente non condividerete quanto scriviamo, di avere almeno il rispetto di non usare il mezzo pubblico del blog come una arma da assedio, perché, questo sì, francamente, lo troviamo irrispettoso. Ci sarebbe invece piaciuto ricevere una mail privata, in cui ci si invitava a partecipare ad un azione reale, senza mail da inviare o altro. E soprattutto, senza mail offensive che crediamo servano più a mettere in pace con se stessi una coscienza tribolata che a sortire un vero e proprio effetto pubblico. Vedete, questa società della comunicazione ci ha veramente stancato. Si fa tutto di stomaco e il più delle volte si sbaglia. Noi ci domandiamo invece perché non si ha più la voglia di fermarsi realmente a riflettere sulle questioni, cercando le soluzioni appropriate. Ecco, crediamo che manchi proprio questo: una seria riflessione interna seguita da una azione comune e condivisa. Che è poi, se ci consentite, il vero problema della sinistra italiana e di chi dice di essere di sinistra. Ma essere di sinistra significa prima di tutto avere rispetto per chiunque la pensi diversamente. Significa essere caritatevoli, in tutti i sensi della lettera di Paolo ai Corinzi che, per completezza, vi alleghiamo qui di seguito.
Scusateci dunque se non condividiamo l’iniziativa. Chiediamo scusa prima di tutto a Ruggiero che crediamo, come sempre accade in questi casi, sia solo l’ennesima vittima della propria disperazione, con davvero il gelo attorno, non solo quello provocato dalla mancanza di una stufa.
Un saluto a tutti,

Victor Rivera Magos: http://www.giozzolino.splinder.com
Dario Rivera Magos http://www.miofratellofigliounico.splinder.com
Maria Antonietta Piazzolla: http://www.ilditolalunaedaltrifalo.splinder.com

Mariolina Curci: http://www.penneasfera.splinder.com
Aurora Ippolito: http://www.sapsatsea.splinder.com

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell`ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand`ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l`ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch`io sono conosciuto. 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità.”

(San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, 13, 1-13).

martedì 10 febbraio 2009

Questo blog è una camera a gas

L'anno scorso, proprio il 10 febbraio, alle 14:17 questo blog si tuffa nella rete insieme a tanti altri. Il fatto che proprio oggi io scriva questo post, non è un fatto premeditato o calcolato, ma frutto di una curiosa coincidenza.
Quando ho aperto questo blog non avevo bisogno di uno spazio per scrivere, poichè il meteorismo logorroico del mio cervello scriveva abbondantemente sul blog di riferimento del mio account su Msn. Era rigorosamente privato, stracolmo di foto e pezzi della mia vita e inizia con i passi ancora acerbi di questa penna. Erano più che altro post legati al mio mondo, a come lo vedevo e, diciamocelo, a volte erano vere e proprie invettive contro persone che mi stavano intorno, o meglio, mi stavano sul. Non li pubblicherei mai qui, non perchè l'essere cresciutella mi ha reso una persona consapevole e pacata, ma perchè aprendo questo blog mi sono tolta gli ultimi peli superflui (ceretta grazie di esistere!) che avevo sulla lingua ed ho imparato ad avere la faccia come il mio didietro taglia 46, rischiando di mettere nomi e cognomi e di farmi querelare. Ma non è questo il punto.
Il punto è che quel blog cominciava a starmi una punta stretto.
Ed ho aperto questo. L'ho aperto nel senso letterale del termine perchè, a differenza del precedente, questo blog è aperto a tutto il web. Ci può arrivare chiunque, anche chi non mi ha mai vista.
La cosa curiosa è che sebbene la mia intenzione fosse di essere costante nel tempo, mi sono resa conto che non è possibile scrivere tutti i giorni. E' vero che si tratta di un semplice blog e che quello che scrivo può essere anche irritante o non piacevole, ma a me piace. Questo blog mi diverte perchè mi piace. Non sono modesta? Chissenefrega!
A me piace come scrivo, ma cosa più importante, a me piace come scrivo quando ho qualcosa da dire. Se non ho nulla da dire non scrivo. Il blog non è un lavoro, non è un obbligo, è un gioco e mi diverte. Se non mi va di scrivere, non scrivo. La mia pagina mi accoglie sempre, anche se non scrivo per un mese, perchè in un mese non è successo nulla che possa interessare al mondo.
Con queste premesse, la femminadellaspecie l'ultima cosa che si aspettava era di essere messa nelle condizioni di parlare del suo blog.
Signore e signori il 20 febbraio p.v. venite alle 19:30 al San Sebastiano ad offrirmi una birra, con la precisa intenzione di farmi arrivare ubriaca all'appuntamento, in modo che io possa dimenticare tutto quello che farò e dirò. Fatemi bere. Fatemi dimenticare. L'evento si chiama I blogger nella rete. Pescatemi e legatemi alla sedia. E' possibile che io decida di fuggire. Non dovreste avere problemi ad intercettarmi. Insieme a me ci saranno Carmine di lamialatualanostra.splinder.com, Giuseppe di ghiandola.splinder.com e Mariella di iakeda.splinder.com. Io sono la femminadellaspecie.
A parte gli scherzi, trovate tutte le informazioni su Facebook alla voce Gruppi ne "I blogger nella rete".
Qui sotto il comunicato per l'amico che non ha più il profilo su Facebook. Il primo che indovina chi è, porta a casa una birra.


I blogger nella rete (Liberincipit)

Presentazione del progetto editoriale "Untitl.Ed" con la partecipazione di alcuni blogger fra i più rappresentativi della realtà culturale e sociale di Barletta e dintorni.

Untitl.Ed (www.untitlededitori.com) nasce nel 2005 dalla comune passione per la scrittura e per il mondo di internet di Annamaria Palladino di Andria, Erica Monesi, genovese, e Orietta Mascaro, goriziana. Pubblica i suoi primi libri nel settembre dello stesso anno. In catalogo una sola collana, dedicata interamente ad autori che hanno scelto la rete come spazio privilegiato di espressione.
Al fondo del progetto Untitl.Ed tre nude convinzioni: che le oscillazioni della lingua, e dei modi del narrare, si manifestino prima che altrove in rete; che i rapporti tra rete e editoria cartacea debbano costituirsi in un sempre più naturale e energico scambio alla pari; che la rete stessa sia in grado di esprimere una moderna figura di editore, immerso nel vivo di quelle oscillazioni.
La redazione è formata da persone che abitano e percorrono la rete da molti anni. Da questa posizione, Untitl.Ed si avvicina naturalmente ad alcuni abitanti dello stesso spazio, attratta da un particolare modo di parlare e di guardare alle cose. Ma uno stile attraente e uno speciale punto di vista, pur se riconoscibili in rete, non possono essere trasferiti immediatamente in un libro: sta, tra rete e libro, un procedimento ulteriore, che mette in gioco l'editore nel suo inedito ruolo di lettore affezionato.
Seguendo nel tempo il percorso di un autore in rete, e ricomponendone poi le tracce, Untitl.Ed prova a individuare l'arsenale del suo immaginario, il suo vocabolario effettivo, il timbro naturale della sua voce. Sarà a partire da questi elementi, e dal comune riconoscimento di quelle tracce, che l'autore verrà invitato a costruire il suo libro.

Partecipano alla serata i blog:

www.ghiandola.splinder.com
"Servizio sveglia gente"

www.iakeda.splinder.com
"Essere zia Mariella non è una condizione, è uno stile di vita"

www.penneasfera.splinder.com
"Stato di calma apparente"

www.lamialatualanostra.splinder.com
"Contaminato è bello. Condiviso è meglio"

Appuntamento a venerdì 20 febbraio 2009 presso il San Sebastiano (via Municipio , 14 - Barletta) alle ore 19:00.