giovedì 8 novembre 2012

Il mio vicino di casa è uno scrittore

Il mio vicino di casa è uno scrittore.
A dire il vero non è il mio vicino di casa, perché abita nel palazzo di fronte al mio. E a essere del tutto onesti non sono neanche sicura che sia uno scrittore. Le mie coinquiline lo chiamano "il brigatista" e, in effetti, un po' ricorda i personaggi dei film ambientati negli anni di piombo, ma io preferisco pensare che sia uno scrittore.
L'ho notato in una calda mattina di ottobre: stavo fumando sul mio balcone e lui faceva lo stesso. Io in pigiama, lui anche. Ho capito che doveva essere uno scrittore perché indossava una giacca e la giacca doveva avere le toppe sulle maniche. Non si è girato, non ho visto le toppe, ma nella mia mente ho completato la giacca in questo modo. 
La giacca mi ha detto che è uno scrittore. Insomma, chi indossa una giacca di velluto sul pigiama! Be', io lo faccio. Oggi ho fumato con indosso il cappotto, il pigiama era troppo leggero. Ma quel giorno faceva piuttosto caldo. Non c'era bisogno di indossare una giacca. A meno che non fosse uno scrittore. 
Di lui spesso si vedono solo le gambe: oggi è steso sul suo letto con le finestre aperte. Può darsi che stia schiacciando un pisolino, ma sono fermamente convinta del fatto che abbia un pc (immaginare che usi una macchina da scrivere significherebbe volare con la fantasia, suvvia!) e che stia scrivendo il suo romanzo.
Non vive da solo. Ha una moglie (una compagna?). Neanche lei ha l'aria ordinaria, solo non mi incuriosisce. Pittrice? Fotografa? Attrice? Poco importa. Paradossalmente sono più incuriosita dal romanzo che sta scrivendo lui in questo momento, steso sul suo letto, con le ginocchia sollevate e i piedi chiusi in un paio di calzini blu, che scostano infastiditi un plaid in lana sintetica a fantasia scozzese blu elettrico e rosso. Chi è il protagonista, cosa gli è accaduto, a che punto del romanzo ha preteso di essere padrone delle proprie azioni ed essere lui a guidare chi l'ha creato. Sono risposte essenziali per capire chi è il mio vicino. 
Un giorno o l'altro gli farò un cenno. O magari no.
Potrei rimanere molto delusa se dovessi scoprire che in realtà è solo un ex impiegato in pensione.

Ph. animadicarta

venerdì 29 giugno 2012

Novantaquattresimo minuto

Novanta minuti sono lunghi.
Anche due anni se ci pensate, ma novanta minuti sanno essere lunghissimi.
Si entra in campo col cuore in gola e, forse, già sudaticci per l'eccitazione.
Come quando, poco prima di ogni esame, cerchi di ripetere come una silenziosa preghiera qual capitolo che sai così bene. Ma non servirà a nulla, perchè quella domanda non te la faranno e Kroos sarà sulla fascia destra.
I primi minuti sono quelli più freschi, difesa e attacco, fiato e presenza in campo. L'università è uguale: studi e porti a casa il risultato. Il nostro portiere para il primo attacco avversario ed io sono stata congedata dalla commissione d'esame con un trenta e lode, soffiando il nervosismo proprio come fa Gigi.
Gli esami però sono ancora dodici, è passato solo qualche minuto dal fischio di inizio e bisogna giocarne più di ottanta. Si gioca, si continua a giocare con il cervello e con il cuore, ma non avrei scommesso dieci lire bucate su un campionato così, perchè quando ti strappano via il cuore a metà partita è sempre un casino ritrovare lo schema giusto.
Ma io... io avevo la mia bussola e non ho mai navigato a vista.
Tornando al match, il cervello c'è: la Germania ci prova e ci riprova ad entrare, ma non gli riesce. Mario fa due goal importanti e la differenza la fanno i compagni di squadra. Anch'io ho ottenuto i due risultati più importanti grazie alla mia squadra e al Coach. Quel Coach.
Si va in vacanza con soddisfazione e consapevolezza: un po' come quando i giocatori vanno alle panchine e sono soddisfatti di quel che hanno dato e sentono la responsabilità degli ultimi quarantacinque minuti, i più lunghi per il risultato da difendere e per la stanchezza. Invece si rientra carichi, determinati a difendere i goal e, anzi, a cercarne altri. Peccato per quel fuorigioco di Balzaretti, ma va bene. Va bene anche tornare a casa con 29, ma il 9 sul mio libretto non è mai mancato.
A marzo ho deciso che ci sarei riuscita, che ies ai chen: farò di tutto per laurearmi a luglio!
Solo che attaccare e difendere insieme è un casino: la stanchezza comincia a farsi sentire, la bussola si sta smagnetizzando e va sistemata, la concentrazione cala e...
BAM! Calcio di rigore per la Germania e si va sul 2-1, ma va bene perchè è quasi finita. Il tifo si sente, il calore intorno anche.
Fischia francese di merda, fischia. Sono gli otto secondi più lunghi per gli Azzurri.
Proprio come l'ultimo esame. Fischia Mariolina, fischia.
"E' finita, è finita, è finita!"
Si va a Kiev.
Si va a Bari.
Scusate, ma io mi sento un po' SuperMario.

Io, oggi.

sabato 12 maggio 2012

Origene, Ambrogio e studenti universitari pigri

L'altra sera ho avuto il piacere di ascoltare per la prima volta la Prof.ssa Adele Monaci a Foggia. Per chi non lo sapesse, Adele Monaci insegna Storia del Cristianesimo a Torino, ma è nota soprattutto per essere, insieme a Manlio Simonetti, una delle più grandi studiose di Origene e dell'Origenismo. Chi volesse avvicinare il pensiero di Origene passerà imprescindibilmente dal Dizionario da ella curato, tassello fondamentale per qualunque bibliografia essenziale che si rispetti sull'argomento.
Non potevo mancare un appuntamento così importante, perchè la mia tesi di laurea triennale e quella specialistica hanno come oggetto di studio due manoscritti contenenti l'opera omiletica del grande esegeta alessandrino, il cui pensiero ha modellato l'insegnamento della dottrina cristiana in ambiente ellenistico per tutti i secoli successivi, nonostante la damnatio memoriae sancita formalmente da Costantino nel 553.
La studiosa è intervenuta con una relazione dal titolo "Origene maestro spirituale" tirando in ballo non solo l'opera dell'esegeta, ma anche i rapporti che intrattenne con i personaggi più o meno noti che ruotarono intorno alla scuola e, più specificatamente, alla sua persona.
Tra questi era Ambrogio, un pagano convertitosi prima allo gnosticismo e poi "convinto della verità proclamata da Origene" (cit. Eus. H. E.); dotato di grandi ricchezze, fornì al maestro ogni risorsa perchè questi potesse continuare serenamente la sua opera. In altre parole ne foraggiò l'insegnamento e incoraggiò Origene a mettere per iscritto le sue parole fornendogli tutto il necessario: tachigrafi, copisti, calligrafe, risorse materiali per poter affrontare i suoi viaggi. Questo è quanto narra Eusebio di Cesarea nel libro VI della Storia Ecclesiastica. 
Adele Monaci nel 2001 ha però osservato che probabilmente Ambrogio non si è limitato a fornire i mezzi necessari all'adempimento dell'attività intellettuale di Origene, ma ne avrebbe sollecitato lo svolgimento e rimproverato gli esiti, smontando l'ideale dell'intellettuale indipendente e sollevando il sospetto che nell'attività di questi, il patronato avesse voce in capitolo in un rapporto dialettico fatto di confronto tra docente e discente, ma anche di asperità di giudizio e pretese.
Ho naturalmente citato questo saggio nella mia tesi, convinta del fatto che i rapporti tra Ambrosio ed Origene non possano essere stati poi così distesi per molte ragioni. Ambrosio era una persona colta oltre che benestante e si avvicina ad Origene in età adulta (pare fosse già sposato). Una persona così istruita, per quanto affascinata dalla levatura morale ed intellettuale del maestro, difficilmente avrebbe accettato supinamente quanto prodotto con il proprio denaro. Ho pensato al processo di produzione di un film, per semplificare al massimo il concetto. D'altro canto Origene lamenta, nelle sue lettere agli amici di Alessandria, che i suoi scritti siano stati manipolati contro di lui: tradisce l'insoddisfazione per aver cominciato a scrivere le sue opere dietro consiglio di Ambrogio, come dice Eusebio? E fino a che punto le intromissioni di Ambrogio sono state determinanti per la produzione? In che misura hanno pesato? Sono domande a cui parzialmente cerca di dare risposta Adele Monaci in Origeniana Octava, ma che da parte mia, in un momento particolare, hanno portato ad una riflessione ulteriore.
Ieri parlavo con un mio amico, di studenti universitari poco attenti alle possibilità didattico-seminariali offerte dall'Università e non. Si commentavano anche certi studenti che "la tesi? col relatore più easy e meno pignolo". Ed ho ripensato all'indipendenza di Origene e ai suoi rapporti col patronato. Sarebbe impensabile per me affrontare una tesi di laurea senza l'intervento, anche aspro, da parte del mio relatore. Non pretendo che la mia tesi sia un capolavoro di ricerca scientifica, ma vorrei tornare a leggerla con soddisfazione e uno scatto d'orgoglio. Per questo sono disposta a mettere in discussione anche i progetti per il futuro. Non vorrei mai un relatore che si accontenti, perchè io per prima non mi accontenterei mai. Per questo non capisco la teoria del relatore-easy. E tornando ad Origene, non deve essere stato affatto semplice soddisfare le esigenti richieste di Ambrogio sui tempi di creazione e qualità delle opere, ma comprendo perchè non se ne sia allontanato. Quando la dialettica, lo scambio vicendevole, il confronto più o meno duro, diventano terreno fertile su cui è possibile produrre qualcosa di buono, non importa quanto tempo, sacrifici e risorse ci vogliano. L'importante è che quel qualcosa sia davvero buono.
Scusate, ma... in bocca a lupo a me.

da G.I.R.O.T.A.

giovedì 8 marzo 2012

Incontri, scontri e scontrati


Io rifletto a caso, su cose a caso, in posti a caso. Ieri riflettevo per strada tornando a casa dalla stazione, ad esempio.
Riflettevo amaramente sull'incapacità di elargire un sorriso o scambiare due chiacchiere con un estraneo. E' triste, ma piuttosto comune.
Ieri, sul treno, mi sono accomodata sulle poltroncine vis à vis a quattro posti: erano occupati da due donne, io ero la terza. Poco dopo si è accomodato un signore che gentilmente, con fare anche troppo affettato, ha chiesto di poter sedere con noi e gli è stato gentilmente risposto di sì.
Il signore, sulla quarantina (forse un po' di più), non particolarmente distinto, non particolarmente bello, non particolarmente tutto, un signore insomma, ha attaccato bottone perchè voleva chiacchierare.
Il signore voleva chiacchierare.
Io ho tirato fuori gli auricolari ed ho indossato gli occhiali da sole. Perchè sarò anche gentile e simpatica, ma so essere una gran sgrugna pure io, garantito.
Insomma... le due donne tra loro parlavano del tempo e lui si intrometteva. Non con fare arrogante o invadente, ma l'effetto era quello di una terza voce che si inserisce in un duetto affiatato e rodato.
L'uomo ha chiesto dove le due fossero solite andare a divertirsi la sera, le due donne hanno glissato.
Doveva essersi trasferito da poco, perchè ha chiesto se fosse vero ciò che si diceva in giro sul divertimento serale, se fosse vero che il mercoledì sera c'è tanta gente in giro, se era vero che il viale si riempie di gente. La più giovane ha risposto che era vero e valeva per tutti i giorni, non solo per il mercoledì. Poi sono tornate ai loro discorsi. In cui puntualmente il signore trovava il modo di entrare, con le facce basite delle due, che un po' per gentilezza, un po' per educazione non l'hanno messo al suo posto. Io, come ho già detto, sono una gran sgrugna quando voglio, per cui a quel punto era come se non fossi presente.
Questo per dire. Siamo tutti amici su Facebook, condividiamo, ci piace interagire e seguire le persone, ma poi se qualcuno vuole interagire con noi nella vita di tutti i giorni ci stranisce, ci infastidisce, ci chiudiamo a riccio.
Il signore ha tirato fuori un biglietto da visita dicendo “Questo è il mio numero...” e lo ha consegnato alla mia vicina di posto, la quale pur con una certa riluttanza, lo ha preso.
Ieri ho capito perchè spesso ci chiudiamo a riccio e non diamo mai troppa confidenza. Non è colpa di Facebook o di Twitter.
L'ho capito quando ho sbirciato sul bigliettino avorio.
La scritta nera recitava: Accompagnatore.

Richard Gere, American Gigolo



venerdì 2 marzo 2012

Senza titolo



Io sono Caterina. Ho otto anni e qualche mese. Ho un fratellino più piccolo. Si chiama Davide ed ha le gambe mangiate. Non proprio mangiate, come mangiano i cani. Mangiate come consumate. Ha le gambe che si consumano, le ossa che finiscono. Beh, scusate, io sono piccola. Posso dire quello che capisco dai discorsi dei grandi. Che poi non è che posso proprio sentire. Mi mandano via, ma io ascolto lo stesso. Mi metto seduta in corridoio o sul divano e metto le cuffiette spente nelle orecchie. Così posso sentire e loro pensano che io stia ascoltando la musica. Le cuffie del walkman non sono quelle originali della Sony. Quelle avevano il cerchietto, ma il mio fratellino una volta era arrabbiato e le ha rotte. Ha rotto le sue cuffiette, il walkman è suo. Per fortuna non ha rotto quello, le cuffie si possono cambiare. Non ho molte cassette che mi piacciono. Cioè. Io non ne ho nessuna. Sono tutte di mamma e papà. Mamma ha Lucio Battisti e Lucio Dalla, anche se la prima è nella radio grande. Papà ha i Doors, ma quelli non li capisco. Sono tutti in inglese, ma non come Madonna, sono strani. Non mi piacciono. Così ascolto la radio. Mio zio mi ha registrato il Lago dei Cigni su una cassetta. Dall'altro lato c'è Whitney Houston, ma quella piace a mamma. Così ascolto la radio. Devo mettermi davanti alla finestra, perchè in camera mia non prende bene, ma se sollevo l'antennina e la giro un po' riesco a sentire.

A mio fratello hanno aggiustato le gambe. Sono andati lontano, ma le hanno aggiustate. Ora ha il gesso. Vi spiego: è come se avete incollato con l'attack una cosa rotta. All'inizio la tenete con le mani ben ferma, se no si muove e si incolla male, giusto? I dottori hanno fatto così. Solo che siccome loro sono lontani e non possono tenerle ferme, hanno usato il gesso. Non sono brava a disegnare, diciamo che faccio proprio schifo, ma ho disegnato Olivia di Braccio di Ferro sul gesso, con il pennarello nero. Dovevo stare attenta, altrimenti se sbagliavo restava l'errore sul disegno. Però è venuto proprio bene. Braccio di Ferro non l'ho fatto. Era difficilissimo. Io non sono così brava, ma Olivia è venuta bene. Al mio fratellino è piaciuta. Vengono gli amichetti a trovarlo per i compiti, ma io mi annoio, sono tutti maschi. Però posso ascoltare la musica col walkman. Infilo la mollettina nella gonna e giro per casa con la musica nelle orecchie. Ieri la radio non funzionava bene. In cucina non si sente niente neanche con l'antenna alzata, ma non potevo spostarmi, perchè mamma stava lavando il pavimento e avrei sporcato tutta la casa con le scarpe bagnate, perciò dovevo aspettare. Nel walkman c'era Lucio Dalla. Uffa. Io conosco solo quella del lupo e su questa cassetta nemmeno c'è. Uffa.

Balla balla ballerino tutta la notte e al mattino
Non fermarti balla su una tavola fra due montagne
E se balli sulle onde del mare io ti vengo a cercare
Prendi il cielo con le mani vola in alto più degli aeroplani
Non fermarti sono pochi gli anni forse sono solo giorni
E stan finendo tutti in fretta e in fila
Non ce n'è uno che ritorni.
.
Mamma questa la canta sempre. Mamma Lucio Dalla lo conosce.

Balla non aver paura se la notte è fredda e scura
Non pensare alla pistola che hai puntato contro
Balla alla luce di mille sigarette e di una luna
Che ti illumina a giorno balla il mistero
Di questo mondo che brucia in fretta quello che ieri era vero
Dammi retta Non sarà vero domani
Ferma con quelle tue mani il treno Palermo-Francoforte
Per la mia commozione c'è una ragazza al finestrino
Gli occhi verdi che sembrano di vetro
Corri e ferma quel treno fallo tornare indietro.

A mio fratello si è rotta un'altra gamba. La devono aggiustare. Mi sa che ricomincia tutto daccapo.
 
Balla anche per tutti i violenti veloci di mano e coi coltelli
Accidenti Se capissero vedendoti ballare di essere
Morti da sempre anche se possono respirare
Vola e balla sul cuore malato illuso sconfitto poi abbandonato
Senza amore dell'uomo che confonde la luna con il sole
Senza avere coltelli in mano ma nel suo povero cuore
 
Il mio fratellino sta bene adesso. Lucio Dalla adesso mi piace davvero. Conosco solo le canzoni della cassetta però. Così per registrarne un'altra, telefono alla radio e mi faccio mettere quelle che non ho, così le registro e le metto su un'altra cassetta. 
 
Allora vieni angelo benedetto prova a mettere i piedi sul suo petto
E stancarti a ballare al ritmo del motore ed alle grandi parole
Di una canzone canzone d'amore Ecco il mistero
Sotto un cielo di ferro e di gesso l'uomo riesce ad amare lo stesso
Ama davvero senza nessuna certezza
Che commozione che tenerezza


Il walkman verde è là, chiuso in un cassetto, dopo diciannove anni. Le cassette non ci sono più. Non so che fine abbiano fatto col trasloco e il resto. Ma in realtà adesso servono a poco. Ora c'è youtube. C'è internet. Il walkman verde della Sony è ancora là però, con lo scotch trasparente a proteggere il coperchio delle pile.
Io sono Caterina, ho ventisette anni e sono cresciuta. E diciannove anni fa, Lucio Dalla per la prima volta mi ha detto nell'orecchio che tutto si può aggiustare.
Le cuffie, le gambe, le cose brutte. 






martedì 31 gennaio 2012

E-book: quando leggere non basta

Mi hanno chiesto quale fosse la mia posizione su questa notizia ovvero sulle dichiarazioni dello scrittore americano Nicholas Carr sul suo blog. Una posizione che non sento di condividere, perchè non condivise sono anzitutto le motivazioni che muovono l'idea. Suggerire agli editori di regalare l'e-book per contrastare Amazon e tutto ciò che gira intorno è una non-soluzione. Che l'affermazione dell'e-book sia ormai questione di tempo è un dato di fatto e trovo inutile mettersi a fare la guerra ad Amazon o a chicchessia per presunte questioni etiche dell'ultima ora.
Studio beni archivistici e librari e conosco forme, materiali e relative trasformazioni del libro nella storia. E non ritengo il formato elettronico l'ennesimo passaggio, ma una semplice alternativa, che sicuramente prenderà piede e che, tuttavia, io non preferisco per molti motivi.

1) Ognuno di noi ha fatto le sue ricerche sulle enciclopedie da bambino. Il compito per casa non era trovare la data della scoperta dell'America o la nascita di Roma, ma sfogliare, cercare, imparare un corretto utilizzo del libro come fonte bibliografica e rielaborazione. Poi è arrivato Google. Strumento meraviglioso, per carità: alzi la mano chi almeno una volta nella vita si è risparmiato una figuraccia grazie a Google! Ma ha risparmiato un sacco di fatica nelle ricerche ed ho appreso, con un certo sconcerto, che i miei cugini più piccoli spesso fanno ricorso a San Google piuttosto che alla vecchia enciclopedia. Tornando all'e-book, soprattutto per utilizzo scolastico (che abbatterebbe, volendo, anche del 100% i costi per l'approvvigionamento dei libri di testo), il rischio è che si abituino le nuove generazioni a utilizzare la funzione di ricerca nel testo, come esclusivo metodo di ricerca.

2) La forma. La tecnologia eInk  aiuta, va detto, ma non può compiutamente definirsi la panacea di tutti i mali e, no, il formato digitale, per quanto attiene la forma, non può entrare in competizione con il formato cartaceo, allo stesso modo in cui un libro cartaceo di venti-trent'anni fa esce sconfitto dalle cinquecentine. I libri del '500 hanno le pagine giallognole perchè allora non venivano utilizzati acidi per inibire l'azione della lignina; quegli acidi, usati fino a qualche decennio fa, rendevano bianchissime le pagine dei libri, ma tra un centinaio di anni saranno compromesse, per questo oggi se ne fa a meno. Lo stesso principio, in linea di massima, vale per il formato digitale: il supporto non è durevole (in dieci anni si è passati dalla videocassetta al dvd al dvx al bluray, solo dieci anni!) e il rischio di perdere un'intera biblioteca personale si fa più concreto.

3) Annusare le pagine di un libro è da drogati, è vero, ma c'è gente che apprezza il genere (io).

4) L'e-book consente di portare in qualche decina di grammi, centinaia di libri sempre con sè. E' il sogno di ogni bibliofilo in effetti (amico dei drogati del punto 3), ma che senso ha? Sono stata fuori per una giornata intera ed ammetto di averne portati con me due soltanto, senza che questo abbia causato chissà che ernia. Ma ammettiamo anche che due non vi bastino: quanti libri siete in grado di leggere in una giornata fuori casa?

5) Dulcis in fundo, la ragione per cui secondo me l'e-book può esistere accanto al libro e non in alternativa ad esso è che il lettore, anche quello meno attento, concretizza l'esperienza-libro attraverso la sua fisicità. Il senso di possesso dell'oggetto, la possibilità di sfogliarlo, fargli le "orecchie", sottolineare dei concetti, scriverci il proprio nome, riporlo in libreria. Rinunciare a tutto questo significherebbe castrare la lettura. Jonathan Franzen all'Hay Festival di Cartagena, in un attacco frontale all'e-book, diceva proprio questo. Ed io sono ampiamente concorde, perchè altrimenti si ridurrebbe la lettura ad un processo di assorbimento nozionistico.

Non sto cercando di demonizzare il formato digitale, ma ho delle riserve sull'utilizzo che se ne farà. Probabilmente ne acquisterò uno o me lo farò regalare, ma ho serie difficoltà ad immaginare una mia biblioteca virtuale. Forse sarà la mia emeroteca portatile, ma oltre questo non riesco proprio ad andare.
Ma io, come ho detto poco sopra, sono una drogata.


Casin. 345 (Ph. Mariolina Curci)