Il mio vicino di casa è un brigatista.
Ci vediamo almeno otto minuti al giorno, lui sul suo balcone io sul mio, ognuno con la propria sigaretta tra le dita, ognuno avvolto nella propria giacca, ognuno coi suoi pensieri. Da circa due mesi ci vediamo per otto minuti al giorno, quelli necessari e sufficienti per fumare una sigaretta. All’inizio ci siamo ignorati, poi ci siamo studiati di nascosto e ora ci limitiamo a un cenno col capo. Ieri però ha sollevato lo sguardo due volte e ha sorriso. Un sorriso di quelli così pieni da trasfigurare il volto del mittente in tante briciole di umanità e contagiare il destinatario in un altrettanto largo sorriso. Nel congedarsi ha detto «Ciao!» e ha agitato la mano.
La nostra è una relazione clandestina. Talmente clandestina che ignoriamo l’uno le generalità dell’altra: è una relazione costruita con due nuvole di fumo che si scontrano nell’aria, un legame che sa di posacenere e si salda quotidianamente nella comune dipendenza.
Ci vediamo almeno otto minuti al giorno, lui sul suo balcone io sul mio, ognuno con la propria sigaretta tra le dita, ognuno avvolto nella propria giacca, ognuno coi suoi pensieri. Da circa due mesi ci vediamo per otto minuti al giorno, quelli necessari e sufficienti per fumare una sigaretta. All’inizio ci siamo ignorati, poi ci siamo studiati di nascosto e ora ci limitiamo a un cenno col capo. Ieri però ha sollevato lo sguardo due volte e ha sorriso. Un sorriso di quelli così pieni da trasfigurare il volto del mittente in tante briciole di umanità e contagiare il destinatario in un altrettanto largo sorriso. Nel congedarsi ha detto «Ciao!» e ha agitato la mano.
La nostra è una relazione clandestina. Talmente clandestina che ignoriamo l’uno le generalità dell’altra: è una relazione costruita con due nuvole di fumo che si scontrano nell’aria, un legame che sa di posacenere e si salda quotidianamente nella comune dipendenza.
Oggi
mi ha rivolto la parola.
«Sorridi sempre agli sconosciuti che ti osservano da un balcone?».
«No, certo. Ma lei non è uno sconosciuto».
Gli dò del lei. D’altronde avrà circa settant’anni.
«Sorridi sempre agli sconosciuti che ti osservano da un balcone?».
«No, certo. Ma lei non è uno sconosciuto».
Gli dò del lei. D’altronde avrà circa settant’anni.
«Il
tempo di una sigaretta ti basta per valutare le persone?».
«A
dire il vero no, ma correrò il rischio».
Sorride.
«In questa casa le abbiamo assegnato un soprannome».
Sorride.
«In questa casa le abbiamo assegnato un soprannome».
«Ah
sì? E quale?».
«Il
Brigatista».
Resta
con la sigaretta a mezz’aria,
incerto se prendermi sul serio, con uno strano ghigno sul
volto.
«Fantasioso, non trovi?».
«Fantasioso, non trovi?».
«Abbastanza,
ma converrà con me che ne ha l’aria».
«Ho
dei brigatisti l’idea
di persone orribili. Ho l’aria
di una persona orribile?».
Sembra
sinceramente preoccupato.
«A
dire il vero no».
«Sono
un ex impiegato delle Poste. Sono in pensione da otto anni».
«Ciò
non toglie che lei possa essere una persona orribile».
«Dunque credi che io sia una persona orribile?».
«Il fatto che io non lo creda non significa che lei non lo sia».
«Dunque credi che io sia una persona orribile?».
«Il fatto che io non lo creda non significa che lei non lo sia».
Sorride
ancora una volta. Le sigarette sono al filtro.
«Ti
aspetto domani, allora».
«Sarà
un piacere fumare nuovamente con lei».
Sorrido anch’io ed entrambi chiudiamo le rispettive finestre.
Il mio vicino di casa ha l’aria del brigatista.
Sorrido anch’io ed entrambi chiudiamo le rispettive finestre.
Il mio vicino di casa ha l’aria del brigatista.
Otto Dix
Ritratto della giornalista Sylvia von Harden
olio e tempera su tavola
Ritratto della giornalista Sylvia von Harden
olio e tempera su tavola