Io rifletto a caso, su cose a caso, in posti a caso. Ieri riflettevo per strada tornando a casa dalla stazione, ad esempio.
Riflettevo amaramente sull'incapacità di elargire un sorriso o scambiare due chiacchiere con un estraneo. E' triste, ma piuttosto comune.
Ieri, sul treno, mi sono accomodata sulle poltroncine vis à vis a quattro posti: erano occupati da due donne, io ero la terza. Poco dopo si è accomodato un signore che gentilmente, con fare anche troppo affettato, ha chiesto di poter sedere con noi e gli è stato gentilmente risposto di sì.
Il signore, sulla quarantina (forse un po' di più), non particolarmente distinto, non particolarmente bello, non particolarmente tutto, un signore insomma, ha attaccato bottone perchè voleva chiacchierare.
Riflettevo amaramente sull'incapacità di elargire un sorriso o scambiare due chiacchiere con un estraneo. E' triste, ma piuttosto comune.
Ieri, sul treno, mi sono accomodata sulle poltroncine vis à vis a quattro posti: erano occupati da due donne, io ero la terza. Poco dopo si è accomodato un signore che gentilmente, con fare anche troppo affettato, ha chiesto di poter sedere con noi e gli è stato gentilmente risposto di sì.
Il signore, sulla quarantina (forse un po' di più), non particolarmente distinto, non particolarmente bello, non particolarmente tutto, un signore insomma, ha attaccato bottone perchè voleva chiacchierare.
Il signore voleva chiacchierare.
Io ho tirato fuori gli auricolari ed ho indossato gli occhiali da sole. Perchè sarò anche gentile e simpatica, ma so essere una gran sgrugna pure io, garantito.
Insomma... le due donne tra loro parlavano del tempo e lui si intrometteva. Non con fare arrogante o invadente, ma l'effetto era quello di una terza voce che si inserisce in un duetto affiatato e rodato.
Io ho tirato fuori gli auricolari ed ho indossato gli occhiali da sole. Perchè sarò anche gentile e simpatica, ma so essere una gran sgrugna pure io, garantito.
Insomma... le due donne tra loro parlavano del tempo e lui si intrometteva. Non con fare arrogante o invadente, ma l'effetto era quello di una terza voce che si inserisce in un duetto affiatato e rodato.
L'uomo ha chiesto dove le due fossero solite andare a divertirsi la sera, le due donne hanno glissato.
Doveva essersi trasferito da poco, perchè ha chiesto se fosse vero ciò che si diceva in giro sul divertimento serale, se fosse vero che il mercoledì sera c'è tanta gente in giro, se era vero che il viale si riempie di gente. La più giovane ha risposto che era vero e valeva per tutti i giorni, non solo per il mercoledì. Poi sono tornate ai loro discorsi. In cui puntualmente il signore trovava il modo di entrare, con le facce basite delle due, che un po' per gentilezza, un po' per educazione non l'hanno messo al suo posto. Io, come ho già detto, sono una gran sgrugna quando voglio, per cui a quel punto era come se non fossi presente.
Questo per dire. Siamo tutti amici su Facebook, condividiamo, ci piace interagire e seguire le persone, ma poi se qualcuno vuole interagire con noi nella vita di tutti i giorni ci stranisce, ci infastidisce, ci chiudiamo a riccio.
Il signore ha tirato fuori un biglietto da visita dicendo “Questo è il mio numero...” e lo ha consegnato alla mia vicina di posto, la quale pur con una certa riluttanza, lo ha preso.
Ieri ho capito perchè spesso ci chiudiamo a riccio e non diamo mai troppa confidenza. Non è colpa di Facebook o di Twitter.
L'ho capito quando ho sbirciato sul bigliettino avorio.
La scritta nera recitava: Accompagnatore.
Richard Gere, American Gigolo |