venerdì 30 dicembre 2011
Trasloco finito ovvero La fine del mondo è vicina
Il 2011 si chiuderà domani tra una bottiglia di Fontanafredda e uno zampone in offerta al Dok.
Nel 2012 avrò tempo fino al 31 gennaio per riportare tutti i post su questa piattaforma, opportunamente retrodatati.
Propositi non ne faccio: sono inutili, finiscono prima di averli pronunciati e il risultato porta alla depressione e istiga al suicidio.
(Cari amici di Studio Aperto, scherzo. E' che sono troppo pigra per farne e per rispettarli.)
Dimenticavo: special guest star di Capodanno, come vuole la tradizione, il raffreddore assassino. Brindo con il Fluimucil.
Tanti bacilli sotto il vischio a tutti e buon 2012.
giovedì 29 dicembre 2011
L'altalena taglia 46
Il mio nome è Maria Concetta Immacolata, senza virgole (per chi non lo sapesse, per legge tutte le virgole sono state eliminate negli uffici anagrafe) ed ho 22 anni. No, ricominciamo tutto daccapo.
Il mio nome è Maria Concetta Immacolata e finirò 23 anni a maggio, il 17 per la precisione (a voler essere pignoli sono nata in un soleggiato venerdì e non sono superstiziosa).
Ho due occhi, un naso, una bocca, due braccia, due gambe neanche troppo belle. La natura ha deciso che le donne devono avere le tette. Ce le ho anche io. Porto una quarta. E' una terza abbondante in verità, ma i modelli di reggiseno che piacciono a me non mi stanno e devo comprare la quarta. Ma porto la terza.
Il peso oscilla da anni tra i 65 e i 72 kg ed io lo lascio fare. Il punto vita è andato a farsi benedire quando ho scoperto l'esistenza della parmigiana e delle patatine fritte. Mangio abbastanza schifezze. Non mi piacciono le lasagne. Non mi piacciono le cose che hanno un sapore indefinito. Già di suo la carne non mi piace, se poi ci aggiungi la salsa di pomodori siamo a posto.
Ho un pessimo culo. Siamo più raffinati. Non ho un bel sedere. Taglia 46, che adesso è 44 e non perchè sia dimagrita, no, questo no. E' che con questa moria di top model a causa dei disturbi alimentari, gli stilisti hanno deciso di ridurre i numeri delle taglie e prendersi ancora una volta gioco dei cervelli femminili. Contenti loro, il mio sedere è sempre quello. L'altalena è la mia passione, ma è raro trovarne una che sia taglia 46 (che poi è 44), perchè i bimbi arrivano massimo alla 38. Una volta ne ho trovata una. Solo che poi non ci sono più salita. Il parco giochi ne ha una, ma dopo un po' devo scendere perchè le catene mi segano i fianchi. Non è una bella immagine, lo so. Lo è ancor meno la sensazione.
Mi piace anche passeggiare da sola. La mia città fa un po' schifo dal punto di vista degli spazi verdi, ma andasene in giro quando non c'è nessuno è il massimo. Specie se lo fai dopo aver finito un libro, e lo stile dell'autore ti risuona in testa descrivendo la tua passeggiata.
Sono psicolabile, lo so.
I miei capelli erano spaghetti quando ero piccola. Poi ho fatto la pemanente a tredici anni. Ero brutta uguale. Non erano i capelli che andavano cambiati. L'autostima. Adesso sono lisci. Dopo 55 minuti in bagno sotto phon e piastra. Oppure mossi con chili di mousse forte o gel. La lacca no. Il buco nell'ozono sta facendo annegare il pianeta. Da piccola non sapevo nuotare. Anche adesso non sono una sirena, ma almeno non annego se mi tuffo. E' già qualcosa. Non sapevo nuotare, ma giocavo a pallacanestro. Non è servito a molto, parlando in centimetri, ma sapevo fare il terzo tempo. Prima ancora ho fatto danza. Poi ho smesso. Mamma sosteneva che c'era troppa disciplina. Adesso so che non avrei voluto smettere. Capita. Ho smesso anche con la pallacanestro. Erano rimasti solo i maschi e a 12 anni non ero ancora interessata alle beghe amorose e ai preadolescenti brufolosi che si sentivano fighi. Preferivo Hugo, Joyce e Calvino. Forse è per questo che stavo sempre da sola. Non è facile leggere 1853 pagine in 15 giorni. Specie se a distrarti c'è il pensiero che il tipo figo ti ha chiesto "ti vuoi mettere con me?". Chi sei? Che vuoi? E' stato mollato. In seguito ebbi i miei due di picche anche io, vi assicuro.
Vi piace la maionese? A me sì. Qualche anno fa pensavo che una volta andata a vivere per conto mio, avrei pranzato tutti i giorni con il cocktail di gamberetti. Poi ho scoperto che se fossi diventata intollerante non avrei più potuto mangiarlo. Sono due anni che non mangio i cocktail di gamberetti.
Sono strana, psicolabile, l'ho detto. Lunatica. Indecifrabile, disse qualcuno una volta. Un libro aperto disse qualcun altro. Sono comprensiva e matura (e lì mi sentii mia madre) disse un altro. Ogni tanto impazzisco, la monotonia è pessima compagna. Altre volte penso che se incontrassi una come me, le urlerei in faccia di spegnere quella vocina stridula. E' troppo alta.
lunedì 12 dicembre 2011
La gatta frettolosa...
Leggo su più testate una notizia bizzarra: un ragazzo di 21 anni, iscritto alla facoltà di Giurisprudenza di Roma, ha dato i 29 esami previsti nel piano di studi in due anni. La stranezza, secondo le testate, sta nel fatto che l'Università gli avrebbe bloccato una carriera in così rapida ascesa perchè troppo veloce: deve attendere due anni. Ah, la media è del ventottovirgolaqualcosa. Lui, piccato, ricorre al Tar e, non appena sarà finita questa storia, andrà all'estero.
Cari i miei giornalisti scioccati da cotanta beffa, affascinati da cotanto genio e sprezzanti dei regolamenti universitari, vi svelo una cosa.
Per conto mio, se gli azzerassero la carriera, sarebbe una buona punizione: il ragazzo non è un genio. È solo un furbetto. E i furbetti mi fanno incazzare. A laurearsi in due anni, senza frequentare o seguire i corsi, son buoni tutti.
E chi gli va dietro, pensando che abbia ragione è un privilegiato. Di ragazzi che fanno lavoretti per mantenersi agli studi o anche solo per pagarsi qualche sfizio, è pieno il mondo. Parimenti il mondo è pieno di ragazzi che non riescono a stare al passo con il piano di studi, non perchè non gliingozziafareniente (tradotto: gradiscano l'arte dell'ozio), ma perchè il tempo va organizzato, rubato, allungato e stirato.
Il ragazzetto in questione probabilmente (fortuna sua, nessuno gliela toglie, beato lui), probabilmente non ha questi pensieri ed ha pensato bene di privarsi della grande opportunità che gli veniva offerta: la didattica. Non ha potuto frequentare perchè era impegnato con gli esami, perchè ha avuto l'arroganza di pensare che potesse farne a meno. Uno sprint che, genio quanto volete, ho seri dubbi che gli abbia lasciato qualcosa in termini di formazione. C'è un tempo per apprendere, per discutere, per confrontarsi (l'Università è soprattutto questo): lui se l'è giocato. Anzi, ha avuto la possibilità di giocarselo. Perchè, per potersi organizzare il tempo in questo modo, devi avercelo, non devi avere altri pensieri e devi stare solo su quello. Ecco perchè mi incazzo.
Quando si parla di meritocrazia e di genio, vorrei si tenesse conto soprattutto di questo. Quello di cui parlano i giornali non è merito tradito, ma arroganza giustamente punita.
A fare un esame al mese son buoni tutti.
Purchè tutti abbiano i tempi e gli strumenti per farlo.
sabato 3 dicembre 2011
Ex abrupto
Odio il soundcheck.
Stavo leggendo con un bicchiere di vino bianco nella mano, ieri sera. In sottofondo il soundcheck del concerto dedicato a De Andrè che si sarebbe tenuto qualche ora dopo.
Ho scoperto che odio i soundcheck in quel momento. Anzi no. Su un pezzo in particolare.
Canzone dell'amore perduto. Alla fine della seconda strofa, quando il pezzo comincia a distrarti da qualsiasi cosa e cominci a cantarlo a bassa voce per non distruggerlo.
Lì, il pezzo si è interrotto e il fiato è rimasto strozzato a metà.
Il soundcheck, appunto.
Tu cominci ad apprezzare un pezzo, ti lasci trascinare dalle note, dalle parole e poi. Nulla.
Non mi piacciono i soundcheck perchè interrompono sul più bello la musica.
Ex abrupto è proprio brutta come espressione. E' latina. Fa molto personcina colta. Ma è brutta. Spezza qualcosa che prima c'era e che poi all'improvviso non c'è più. L'ho usata nella mia tesi in paleografia: il secondo testo omiletico del manoscritto si interrompeva ex abrupto, forse per la caduta di alcune carte. Non si sa che fine abbiano fatto quelle carte, né come siano cadute. Si sa che prima c'erano e adesso non più.
Una volta scrivevo. Tanto. Qualcuno dice bene.
Poi come Canzone dell'amore perduto, come il mio codice, sul più bello, ho smesso. Senza un perchè ben definito, solo ho smesso.
E' da qualche mese che la mancanza della scrittura, della mia scrittura, si fa sentire. Ed ho ricominciato, di nascosto, a scrivere.
Poi un giorno ho scoperto che il mio padrone di casa mi ha sfrattato. Penneasfera è stato sfrattato e lì si è sbloccato qualcosa. Nostra signora retorica dice che quando stai per perdere qualcosa, solo allora ti rendi conto del suo valore. Forse è vero, forse no. Ma il fatto di aver rischiato di perdere tre anni di sproloqui, mi ha fatto capire che io non scrivevo solo per il blog o per i lettori.
Scrivevo per me.
E io non sono pronta a dire basta.
Il soundcheck finisce qua.