sabato 17 maggio 2008

Già finiti?!?

Il commento di mia nonna nel vedere le mie prime foto è sempre stato: sembravi una “zappator”. Che dovrebbe significare che ero rossa rossa come se fossi stata troppo tempo al sole. Oggi, più che una “zappator”, direi che sono nata rossa  per altri motivi.
Oggi la vostra penna compie 23 anni. Fatele gli auguri. E bevete alla sua salute. La nonna direbbe che ho finito 23 anni. Quando ero più piccola non mi capacitavo di questa cosa: è appena iniziato il mio compleanno e la nonna dice che è già finito? E infatti odio questa espressione.
Mi sono svegliata prestissimo stamattina. Alle sei il cellulare ha iniziato a squillare.
Amici che fanno gli auguri ad orari improponibili? No. La Wind che scala il credito per Noiqualcosa (le chiamate o la promozione dei messaggi che io, con un altro colpo di culo, ho sul cellulare per un sorteggio premi della compagnia telefonica. Ora provate a dire che nascere un venerdì 17 porta sfiga!). La Wind mi fa da servizio sveglia due volte al mese alle sei di mattina. Se va bene. Se sono mattinieri alle quattro e mezza. Li denuncerò per disturbo del riposo notturno.
Alle sette e mezza ero nel pieno del sonno ritrovato e…
“Maaaarioooooooouuuuuuuuu!!!”
Che non è un modo amichevole, ma alquanto rozzo di chiamarmi da parte di mio padre, ma un imbecille che il sabato mattina provvede al servizio sveglia pure lui. Abito praticamente nella zona stronza del mercato. Quella dove si piazzano con le bancarelle dell’usato alle quattro e mezza di mattina e i venditori si chiamano da una strada all’altra, urlando i propri nomi a vicenda. Mario nella fattispecie è il proprietario della bancarella che sta due strade più in là. Quello che sta davanti al mio palazzo si chiama imbecille, ritardato, stronzo. Dipende da quanto mi altera il fatto che sia completamente irrispettoso nei confronti dei residenti. Sarà denunciato insieme alla Wind.
Ad addolcire il risveglio è arrivato però mio padre con la tazza di lattecaffè caldo e dolce (faccio outing: due cucchiaini di zucchero su un lattecaffè doppio senza ghiaccio).
Oggi mi regalo una giornata libera approfittando del fatto che l’esame è stato spostato al giorno successivo alla data stabilita. Pensatemi martedì pomeriggio durante la siesta. Io starò argomentando un qualche capitolo, assonnata e a pancia sicuramente vuota. Mangiate e dormite per me. Anzi, pregate per me, già che ci siete.
Io scopro intanto che nella stessa data è morto Botticelli (1510), è nato Giulio Carlo Argan (1909), è nato Corrado Guzzanti (1965), c’è stato il referendum sull’aborto (1981), l’omosessualità è stata eliminata dall’elenco delle malattie mentali dall’OSM (1990),  è la Giornata Mondiale contro l’Omofobia (*). Tutto sommato questi avvenimenti non mi dispiacciono.
È una bella data il 17 maggio.
Sono nata io il 17 maggio.
Sette messaggi e due chiamate, più gli auguri della famiglia alle dieci e ventisei.


La natura mi ha regalato un nido di gazze sul cornicione.
Meraviglia! Grazie.

(*) Cfr. Wikipedia


PS. L'amico di Maaaariooooo!!!, ha finito di urlare alle nove. Ghiandole, lo volete per il servizio sveglia?


 

martedì 13 maggio 2008

Welcome to the jungle

Ho appena percorso i 55 km che separano la mia dimora da Bari. Ho fatto il percorso inverso in verità. La mia giornata barese è appena finita e ne comincia un'altra a Barletta. Sempre a suon di pagine.
Routine insomma. O quasi.
Frequentare l'Università a Bari è un'avventura. Nell'articolo che ho scritto per la Controguida dell'Udu di Bari, la presento come una giungla. E lo è.
Frequentare Scienze dei Beni Culturali è un film d'azione con effetti speciali di ultima generazione. Già, perchè Scienze dei Beni culturali gode di due sedi (una centralissima in Ateneo e un'altra nel palazzo di Santa Teresa a Bari Vecchia) e di diverse gite al Campus e alla Soprintendenza.
Di Bari Vecchia non ho mai avuto paura. Al primo anno ho conosciuto una ragazza che veniva da Napoli ed aveva paura di Bari Vecchia. Le ho praticamente riso in faccia. Non c'è nessun pericolo ho sempre detto. Mi hanno insegnato che, rispettare il codice tacito esistente tra gli studenti di Santa Teresa e i residenti, è la prima regola. Facce strane ne trovi, ma basta camminare dritto per l'arcata che porta al dipartimento. E nessuno rompe le scatole. Una volta ho visto una ragazza di circa dodici anni che, seduta davanti alla porta di casa, girava le orecchiette fatte con le sue mani. Poesia pura. Questa è per me Bari Vecchia.
Eppure, se tutti dicono che è pericolosa, qualcosa deve esser vero. Se oggi un signore, indicandomi la Soprintendenza, mi dice di stare attenta, un motivo ci sarà.
Ed il motivo c'è.
Complice un gelato, io e la mia compagna di corso, siamo state adocchiate in un bar da due tipi con facce non proprio affidabili. La sottoscritta (cagasotto di natura) si getta al centro della strada e inizia a camminare sempre più velocemente tirando per un braccio l'amica. Indecise su quale strada prendere, scegliamo quella per il porto che passa per il commissariato di Polizia. I due hanno finalmente desistito. E meno male che oggi nel porto di Bari c'era Costa Fortuna! Se non c'era Fortuna cosa dovevo aspettarmi una rapina a mano armata?
Va bene, avevate ragione tutti. Sono un'incosciente se mi avventuro nelle viuzze di Bari Vecchia e fino ad oggi sono stata fortunata.
Un saluto al gentilissimo poliziotto che si è offerto di accompagnarci fino all'Ateneo "poi purtroppo dovete fare da sole perchè devo tornare qui". Grazie anche ad una non meglio specificata ragazza/poliziotta, che ha fatto la strada con noi. Troppo carini.

PS. In tutto questo avevo il gelato in mano. Un ghiacciolo che ha assiderato le mie dita prima e che si è fatto trovare sciolto poi.

lunedì 12 maggio 2008

I'm a Barbie Girl!

Apro il post con una domanda sulle scelte ministeriali del Cavaliere.
Ma Veronica Lario dopo tutto il casino che ha fatto con la lettera pubblica, sputtanando in mondovisione le sue beghe sentimentali, adesso non ha niente da dire? Fossi in lei, dopo che il Cavaliere ha quasi fatto una proposta di matrimonio alla Carfagna, avrei preteso la vicepresidenza. Almeno avrei potuto competere a suon di giarrettiere.
Quanto alla Carfagna, più che il Ministro per le Pari Opportunità, non avrebbe potuto fare. Se non ci metti le quote rosa, la signora non sarebbe potuta diventare neanche donna delle pulizie. Con rispetto parlando. Per le donne delle pulizie.
A proposito di Barbie al Parlamento, ho scoperto che Barbie (quella vera), è stata candidata alla Casa Bianca. Aveva anche un programma elettorale di tutto rispetto redatto dalla Mattel. E le stranezze non finiscono qui. Ha una vera e propria biografia, una famiglia, un fidanzato storico (con cui è stata per breve tempo in rottura, dopo 43 anni di fidanzamento), una decappottabile, un camper, un jet privato (per guidare il quale, ha un brevetto da pilota) e una famiglia numerosa. È anche una donna molto eclettica: ha svolto mestieri a non finire, tra cui l’insegnante di linguaggio dei segni e l’astronauta.
E mi è venuto un dubbio.
Ma io, che infanzia ho avuto?
La mia Barbie era piccolo borghese. Il suo appartamento non era arredato da designer di grido. Non aveva una decappottabile fiammante e non andava in vacanza in posti esclusivi.
Abitava una casa messa insieme dalle pareti della mia stanza e Ikea le faceva un baffo. Immaginate qualsiasi cosa faccia parte del corredo domestico di una famiglia media e sappiate che prendeva altre forme nella casadibarbie.
Diari, aspirapolvere, portagioie, coppe, scarpe, vaschette e scatole per le scarpe prendevano altri indirizzi di impiego. Quanto all’abbigliamento, esso veniva confezionato dalla sottoscritta con i fazzoletti di stoffa avanzata dalle riparazioni che mia madre effettuava sui vestitini miei e di mio fratello. Sulla sua attività, il mistero più assoluto; mi pare che la mia Barbie fosse disoccupata. E vivesse di rendita. Quale rendita non è mai stato chiaro. Fatto sta che non andava al lavoro perché o si sposava o andava in vacanza. Che poi sono le cose che piaceva fare a me.
E mille altre cose che mi dicono che la mia Barbie era una sfigata. Non l’ho mai mandata all’Università. Non le ho comprato solo vestiti firmati (diciamo la verità, quelli belli erano due o tre. Gli altri erano orrendi). Guidava un’aspirapolvere invece della Ferrari.
Ed io sono qui a chiedermi: ma l’infanzia strana, era la mia o quella dei dirigenti della Mattel?


N.B. Oggi post più demenziale del solito. Sto preparando un altro esame.

mercoledì 7 maggio 2008

Computer mon amour!

Notizia straordinaria!
Berlusconi sta per salire sul colle! Che stia per buttarsi giù? Lo speriamo fortemente.
Non so da voi, ma qui è arrivata la cosiddetta estate dei cornuti. Almeno stando a quanto la genitrice ha affermato appena è rientrata a casa dal lavoro. In effetti la mia t-shirt gialla è abbastanza indifferente al vento ancora fresco che sta fuori. Ma visto che io starò dentro ancora per un po’, mi posso permettere anche il bikini.
Non mi hanno ancora arrestata (anche se qualche colpo di testa giustificherebbe le manette), ma sono dentro casa da troppo tempo. Desidero con tutta l’anima una passeggiata in riva al mare, tanto sole e l’amnesia totale circa tutto quello che riguarda esami, verbalizzazioni e libri. Sì, cancello per qualche ora anche i libri.
Sono una sòla. Non riesco a trovare un hobby che sia degno di questo nome e che mi allontani dalla scrivania. Sono una sòla anche perché ho lasciato a metà tutto quello che stavo scrivendo per mesi ed ora che ho gli esami a giorni, mi sta venendo l’ispirazione. Sono una sòla, perché la mia pausa studio consiste nel chiudere la cartella word su cui sto lavorando e aprirne un’altra per scrivere. Risultato: ho la schiena spaccata a metà, che sembro appena tornata dalla miniera con Ciàula. Voglio anche un massaggio. Diciamola tutta, allora. Pretendo una Spa, nei pressi di un mare cristallino, sotto un sole caldo e una cucina regionale, con una carta dei vini che sembri un opistografo (si definisce opistografo, il rotolo di papiro scritto sul recto e sul verso: voglio farmi male).
Non mi piace neanche accendere la tv a quest’ora. Odio Rosamunde Pilcher e tutti i suoi romanzi, quindi disprezzo profondamente i produttori di pellicole ispirate ai suoi scritti: soldi buttati, che sarebbero di certo tornati utili a qualche regista emergente. Odio i nuovi cartoni animati. Sono cresciuta a pane e bimbumbam, non mi capacito ancora che i miei cuginetti abbiano come appuntamento fisso i pokemon, i digimon e qualsiasimon cosamon finiscamon con –mon. Trovo Alda D’Eusanio un reperto archeologico che gode sulle disgrazie altrui. Lei su un divanetto, che ascolta i problemi altrui, mi fa pensare che, alla fine, porti pure un po’ sfiga. La Vita in Diretta è l’apoteosi del buonismo e del kitch. Il carosello dell’inutilità dei personaggi del mondo dello spettacolo (quante preposizioni articolate ha questa frase?). Braccia rubate all’agricoltura.
Scartata l’opzione tv, accendo una sigaretta e resto davanti al computer.
E infatti il post dura il tempo di una sigaretta.
Torno alle sudate carte, dandovi un annuncio.
Tra qualche giorno, appena finito con gli ultimi esami di maggio, chiederò la tesi. Ho ancora qualche dubbio, ma sono abbastanza convinta. Vi terrò aggiornati sugli sviluppi.


PS. Perchè la toga la mettono solo quelli di Medicina ed Economia e Commercio? Noi letterati siamo poverelli? Embà!

lunedì 5 maggio 2008

Dei delitti e delle pene

Da Ansa.it
“I motivi del pestaggio di Nicola Tommasoli non sono politici e la spiegazione della sigaretta negata è plausibile. Lo ha detto il sostituto procuratore di Verona, Francesco Rombaldoni, che conduce le indagini sull'aggressione al giovane disegnatore industriale ricoverato in coma all'ospedale di Verona.”


Ora, caro sostituto procuratore, spero che ti si disintegri in testa l’anfiteatro. Giulietta verrà con il veleno e darà un seguito alla tragedia. Sappi che stai sparando sulla Croce Rossa e che, molto probabilmente Nicola non avrà la possibilità di dirti che hai detto una grossa cagata. In genere mettete il segreto istruttorio. In questo caso avresti fatto bella figura. Visto che eri in vena di chiacchiere, potevi anche aggiungere che uno degli autori del massacro era un pregiudicato (a 19 anni!), che girava con un coltello in tasca, che il fatto di motivare una barbarie con una sigaretta negata, non li rende meno colpevoli. Semmai di più.
A chi sta pensando di commentare la notizia dicendo “Rimettiamoci alla giustizia. Se il giudice ha detto così, forse ha ragione di pensare che sia come ha detto”, rispondo “Pussa via!”. Vi ricordo che stavate per mandare i giudici al manicomio, non molto tempo fa.
E quindi, ho ragione di pensare che forse, una volta tanto, ci avete preso. Non gongolate più di tanto. C’è da piangere.
Merda in faccia anche ai cretini che, all’ingresso dell’Ateneo, stamattina, hanno messo in scena questo capolavoro di drammaturgia:


Deficiente n° 1: Scusa amico, hai una sigaretta?
Deficiente n° 2: Sì, ma non voglio dartela.
Deficiente n° 1: Allora ti carico di mazzate! (segue divertentissimo siparietto del pestaggio)
Idioti eravate, idioti siete e idioti tornerete. Amen.


Hanno sventolato la bandiera della sicurezza in questo Paese. Hanno eletto un sindaco con la croce celtica al collo (complimenti anche a chi ha aggiunto prontamente “L’ha fatta benedire”). Hanno messo a sedere sulle poltrone gente che avrebbe portato i fucili in piazza. Ma non importa. I voti sono come gli ingredienti in cucina: tutto fa brodo.
Sono senza parole.


Ma veniamo a fatti un po’ più leggeri.
Oggi, c’era la verbalizzazione dell’esame di Diagnostica applicata ai Beni Culturali. E consegna della relazione di Antropologia, sul carbonio 14. Che è vero, come starete certamente pensando, che non ci azzecca, ma doveva essere corretta dalla docente di Chimica, perché quella di Antropologia si è presa l’anno sabbatico. È una giungla, lo so.
Dunque, partiamo dal presupposto che non vi renderò partecipi solo dei bei voti, perché comunque sono miei e sono frutto di ore passate sui libri. Sono orgogliosa pure del diciannove in Legislazione dei Beni Culturali, che la mia materia grigia ripugnava e ripugna tutt’ora. Ripugno anche il prof se è per questo, ma questa è un’altra storia di ordinaria disumanità e totale non - professionalità.
Diagnostica applicata ai beni culturali è praticamente un esame fatto apposta per permettere ai quattro snob di Chimica, e del relativo Dipartimento, di sminuire gli “ateneisti”.
Oggi ero “questa”. Non un nome. Non una matricola. Non un cognome.
“Ah, QUESTA viene dall’Ateneo”.
La professoressa ha impiegato circa mezz’ora per capire l’esame che avrei dovuto verbalizzare (non è più Chimica applicata ai BB. CC., come avevo scritto io, seguendo il piano di studi, perché adesso si chiama Diagnostica applicata ai BB. CC. Le piccole rivoluzioni si fanno partendo dal basso). Ha deliberatamente deciso che doveva farmi la ramanzina per un errore di stampa. Ha volontariamente preso tempo per verbalizzare. Mi ha detto esattamente quello che le avevo detto, circa i CFU e la verbalizzazione, appena entrata, ma ha fatto capire che aveva fatto LEI la scoperta del secolo. Sembravo una deficiente. Sono andata lì per verbalizzare un esame. Né sottopormi a quesiti chimici, né scrivere reazioni chimiche, niente di niente. Ho già dato. Dovevo solo mettere una firma e aspettare che lei facesse lo stesso. Ma siccome aveva deciso che io sono iscritta all’Ateneo e sono, per questo, ritardata mentale, mi ha fatto perdere mezz’ora. Per scrivere un cappero di 23 (questo l’esito della chimica mal riuscita, tra me e la Chimica), ci ha messo secoli.
Per l’esame importante, quello per cui stavo sulle spine, mi ha detto di tornare quando pubblica gli appelli (calende greche, vi aspetto). Liquidator, mi ha liquidata con l’acido solforico in un nano secondo. Leggere tre cartelle era per lei troppo faticoso. Al prossimo appello, mi dirà se la relazione va bene o meno. Vado in culo al mondo per firmare o sentirmi dire: sei un’incapace.
Amo l’Università.
Vi racconterei anche della lite furiosa tra fidanzati, a cui ho assistito in stazione a Bari, ma rischio di diventare logorroica e chiudo qui. Magari la conservo per quando mi mancheranno gli argomenti (ad esempio i prossimi giorni, in cui sembrerò un monaco in uno scriptorium).