Questa è una storia lunga.
Quando l'ho scritta firmavo i testi con lo pseudonimo di Sugar. Molti file sul mio pc sono firmati da Sugar. Stranamente leggere il mio nome sotto un testo mi faceva uno strano effetto. Mi sembrava di peccare di presunzione.
Sorprendentemente, dopo aver scritto questa storia, mi sono liberata di tante cose. Anche di Sugar. Che da allora è diventato un vezzo qualunque.
Dodici anni.
Ma certi meccanismi non li puoi ancora comprendere.
Perchè nessuno ha mai parlato con te di questo.
Perchè per tutti è passato.
Perchè pensano che certi spettri, se non sogghignano per tanto tempo, non torneranno a farlo.
Perchè sei troppo piccola per capire.
Ma, purtroppo per loro, sei abbastanza grande da cercare una spiegazione logica a quello che ti sta succedendo.
All'inizio nessuno ci fa molto caso...
Semplici distrazioni che interrompono i tuoi discorsi.
Ma, ti ripeto, hai dodici anni, la testa fra le nuvole.
Le bambole ancora sulle mensole della tua stanza, accanto a ciò che non è mai mancato nella tua vita,i libri. Pensieri romantici legati a un ragazzino della tua scuola e i poster del tuo attore preferito sui muri. Un diario mai finito di qualche anno fa, rimasto alla pagina che parla della persona che rende speciale ogni giorno passato con lei. Tanti sogni, ma non sai cosa vuoi fare da grande. E' questo il tuo ritratto. E' questo che vede chi vive con te ogni giorno. La sognatrice.
Quindi niente di strano se ti distrai un attimo.
Solo che non sei distratta. Perchè dopo un po', capisci che qualcosa di strano c'è.
Lo senti.
A distanza di anni non saprai descrivere la sensazione che ti lasciano quegli attimi.
Passano un paio di mesi prima che un campanello d'allarme suoni. E' un pomeriggio d'autunno.
"Nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi".
E' lei a dirlo. E questa frase sarà per sempre legata a quel giorno, di cui non ricordi molto altro, a parte le piastrelle della cucina.
Torni in camera tua. Abbracci il cuscino, visto che i peluches li hai confinati in alto sull'armadio, quando pensavi di essere troppo grande per averli ancora in giro. Pensi cose orribili, mentre, a qualche metro da te, qualcuno decide della tua vita.
Odore di disinfettante. Facce strane. Tristi. Adulti che, spazientiti, zittiscono con uno sguardo bambini annoiati e capricciosi. Due porte dalla destinazione sconosciuta, con nomi per ora impronunciabili.
Ma imparerai presto a conoscerli; anche se ne conoscerai realmente solo uno.
Cuffie strane. Tutto è strano oggi.
Non riesci nemmeno a sentirti stupida per come sei conciata, perchè non sai come andrà a finire. Imparerai a prenderti in giro con ironia, fra qualche tempo. Quando tutto questo sarà fastidiosa routine.
Adesso la paura non lascia molto spazio ad altro.
Chiudi gli occhi.
Riaprili.
Adesso chiudili.
Respira normalmente (A distanza di anni sorriderai su questa frase, chiedendoti quanto sia idiota il tecnico.)
Apri gli occhi.
Richiudili.
Adesso farò lampeggiare un faretto. Apri gli occhi quando si spegne.
Respira profondamente. Bravissima.
No. Profondamente, ho detto.
Mi senti?
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Come si chiama? Aspetta vedo sul certificato.
(Troppo tardi...)
Nel frattempo, inchiostro che colora fogli dalla lunghezza infinita.
Nel frattempo, lancette impazzite, scorrono su e giù.
E descrivono la parabola della tua vita.
E vergano il corso degli eventi.
Spettri che sogghignano ancora. Armadi che si riaprono. Brutti ricordi che ritornano alle menti.
Un sapore metallico che l'inconscio riporta sulla tua lingua.
Bianca. Rotonda. Perfetta. Cattiva.
E' subito nemica.
Non riesci a vedere cose positive in lei. Dicono che può migliorare le cose. Ma è un'intrusa.
E presto scoprirai che questa antipatia è reciproca. Lei non fa assolutamente nulla, se non peggiorare la situazione.
Un gigante tubo bianco, e subito pensi ad un'astronave.
Armageddon. Giudizio finale.
Ci sta tutto.
Fra poco, la verità sarà assoluta.
Saprai chi è.
Dove si trova.
Saprai con chi prendertela.
Rumori fortissimi nelle tua testa.
Pensi al mondo fuori.
Orecchini quasi nuovi, che hai dovuto momentaneamente togliere. Anche l'orologio. Anelli non ne porti. Non ancora. Un po' di paura per quello che domani dovrai affrontare al tuo rientro a scuola. Prima, una ragazza un po' più grande di te, è uscita da qui con un collare. Solo fra un'oretta ti sarà spiegato che non ti serve un collare, visto che non hai nulla di rotto.
Già.
E allora perchè, ti chiedi, ho passato gli ultimi venti minuti della mia vita fra rumori insopportabili, mentre aprivo e chiudevo gli occhi a comando?
P.A.T. (In seguito il suo nomignolo sarà Patty).
Eh?
Ti viene ripetuto, è complicato da memorizzare adesso.
Le cose brutte che hai pensato qualche mese fa, sono state spazzate via completamente. Spazzate via da una nube densa, ma non minacciosa come allora.
Ritorni dall'omaccione in camice bianco. Lui ti piace. Sembra un nonnino. E ti porge la mano. Grande, rugosa e soprattutto, non sudata.
Ancora quel sapore metallico.
Oggi non è l'inconscio.
C'è e lo senti.
E un ricordo di bambina fa capolino nella tua testa.
Piastrelle giallo chiaro sui muri.
Nere sul pavimento.
Uno scaffale bianco a cui manca una mensola, usata per costruire la casa delle tue Barbie.
Una scatola bianca, con un disegno verde mela e rosa acceso.
Una boccetta marrone.
Tappo verde mela, come il disegno della scatola.
Lo stesso sapore sulle labbra.
Questo è già accaduto. Nessun dejà-vu.
Black-out che interrompono il corso degli eventi; pochi secondi.
Qualche mese ed hai imparato a gestire le situazioni.
Solo quelle però.
E poi imparare a conoscere i nemici.
Caffè.
Coca-Cola.
Alcool.
Tè.
Sole.
Luci psichedeliche.
Apnea.
Pepe.
Peperoncino.
Fare le cose normali se non hai dormito.
Anni.
Combinazioni chimiche varie.
Il tuo sentirti cavia.
Nessuna risposta.
Diciassette anni e parecchi chili persi.
Diciassette anni e tanti amici in giro.
Diciassette anni e i tuoi pomeriggi (anche le sere) a casa.
Diciassette anni e un cucciolo spaventato.
Sfiducia completa nei confronti di chi doveva darti una mano.
Diciassette anni.
Piccola.
Impaurita.
Sembri malata, tanto sei magra.
Lo stomaco sta male. E' stanco. Bombardamenti continui, nel corso degli anni, lo hanno indebolito. Non assimili più nulla.
L'anima risale dalle viscere.
Tutti i giorni, più volte al giorno.
E' per questo che hai iniziato a piangere.
Stanchezza.
Desiderio sempre più forte e legittimo che questo inferno finisca.
Carte che si mescolano.
Giorni che passano.
Lacrime asciugate dal tempo.
Occhi spenti.
Sorrisi tristi.
E il bello deve ancora venire. Così dicono tutti.
A sedici anni vedi l'inferno.
A diciassette fingi di spegnerlo per sopravvivere.
Ma la verità è che a diciassette anni non puoi accontentarti e sopravvivere.
Un tipo smilzo.
Nuovo ingresso nella tua vita.
Sostituisce l'omaccione.
Sei diffidente.
Lo guardi scettica.
I tuoi occhi dicono "Che pretendi di risolvere?"
I suoi non dicono nulla.
Sorridono pacati.
Accettano la sfida.
E.
La.
Vincono.
27/12/2002.
Ventisette dicembre.
Non lo sai ancora, ma è l'ultimo black-out.
E sarà la data in cui ogni anno festeggerai il suo compleanno.
Riparti da lì.
E cerchi di vivere tutto quello che ti sei persa negli ultimi anni.
E con un sorriso nuovo sulle tue labbra, cerchi di ringraziare chiunque intrecci la sua vita con la tua, perchè non sapendolo, ti sta lasciando tanto di sè. Ma non sempre ci riesci e ti rammarichi per questo.
Per te, piccola Sugar.